Lucio Dalla vivrà in eterno,
le sue canzoni ci hanno accompagnato per tanti anni della nostra vita con il
loro stile inconfondibile, credo sia questo soprattutto a rendere immortale un
musicista: quando non lo si confonde con nessun altro. La sua prima canzone per
me è stata 4 marzo 1943, ero una bambina e lo ricordo a San Remo sul
palcoscenico dell'Ariston quando la televisione era ancora in bianco e nero.
Poi crescendo ho ascoltato tante altre creazioni da Piazza grande, L'anno
che verrà, a Futura, Anna e Marco fino a Balla balla
ballerino, Settima luna...e poi ancora quando adolescente non ero più. Non
le ricordo in ordine di tempo, queste sono le prime che la memoria ha
rievocato: a tutte queste canzoni è legato un ricordo della mia vita. Certi
personaggi non dovrebbero mai morire, per loro le leggi dell'universo
eccezionalmente dovrebbero essere sospese. Scomparendo portano con sé anche una
parte della nostra vita, ma non il ricordo perché Lucio Dalla è un grande
artista che ci ha aiutati a crescere, a sentirci meno soli, a vivere insieme.
Rammento un suo concerto in piazza Duomo del 1981, erano i tempi in cui
indossava il baschetto blu di maglia: pioveva, la piazza era strapiena, lui
impassibile con un impermeabile giallo si esibiva per tutti noi. Tanti anni
dopo nel 2004 ero a teatro per assistere alla sua opera Tosca, amore
disperato, ritornata a casa ho scritto queste righe che sento molto adatte alla
circostanza:
Tosca, la celebre opera di
Puccini reinterpretata da Lucio Dalla, trasmette qualcosa di insolito che va al
di là della semplice emozione che un amore tragico come quello dei due
protagonisti, Tosca Florio e Mario Cavaradossi, suscita. I rifacimenti sono spesso
molto discutibili e a volte nascondono l’incapacità di un artista di produrre
qualcosa di nuovo, ma in questo caso l’interpretazione di Dalla regala nuove
suggestioni. La trama dell’opera pucciniana è fedelmente riproposta, ma tutto
il resto è libera creatività. Le musiche, i costumi, le coreografie e il cast
coinvolgono lo spettatore in un susseguirsi di emozioni da montagne russe. La
musica, le voci e le immagini di scena sembrano preludere un uragano di
passione per poi riportare immediatamente in una condizione di malinconia, come
se qualcosa di bello stesse per accadere e poi non trovi realizzazione. Questa
situazione lascia col fiato sospeso e con un certo sconforto nel cuore, lo
spettatore com-patisce (nel senso di patire con) lo stato d’animo dei due
innamorati che si nutrono della loro passione, ma sentono la minaccia della
fine incombere sulla loro unione. Tosca e Mario, amandosi perdutamente e
disperatamente, diventano un simbolo dell’Amore che supera le rigide barriere
della convenzionalità per raggiungere l’Assoluto: chiunque ami è qui
rappresentato. Un altro aspetto particolare di quest’opera è la capacità di
portare, in alcuni momenti, ad un punto alto di commozione per poi introdurre
una parentesi quasi comica capace di interdire il pianto che stava per
sgorgare. Apparentemente può significare una volontà di sdrammatizzare, in
realtà credo sia il voler mettere in scena gli opposti: tragico e comico nella
vita spesso si incontrano cercando di contendersi il primato. La
rappresentazione, davvero originale nel mettere insieme generi musicali
differenti, si conclude con il messaggio che i grandi amori vivono oltre
la morte e, certamente, oltre ogni tentativo di inficiarli. Mi ha colpita
Iskra Menarini che nel ruolo di Sidonia, personaggio creato da Dalla, è la
splendida interprete di “Amore disperato”, il leit motiv dell’intera
rappresentazione. Lucio Dalla tiene d’occhio costantemente la sua
creatura aggirandosi in sala, ma appena ti accorgi della sua presenza si
dilegua con l’agilità di un gatto e scompare come una visione.
Maria Giovanna Farina