sabato 23 settembre 2023

Matrimonio, divorzio, figli

 


Matrimoni finiti, uomini e donne avviliti per il progetto di vita a due fallito in un divorzio. I figli soffrono, i padri separati balzano agli onori della cronaca per la precarietà economica ed emotiva della loro esistenza. I soldi non bastano più, molti di loro devono lasciare la casa alla famiglia e si riducono a dormire in auto. E le madri separate devono accudire i figli ancora più di prima, l’ex marito può vedere i bambini solo nel fine settimana e non può, a volte non vuole, occuparsi di loro. Tutti conducevano una vita dignitosa mentre ora tutto è spazzato via con un colpo di vento, magari odi e risentimenti complicano ancor di più i rapporti. Non sono contro il divorzio e nemmeno avverso il matrimonio, ma rifletto sul fatto che si dovrebbe pensare a lungo prima di fare il grande passo. Riflettere sull’azione che si sta per compiere, riflettere e cercare dentro di sé le ragioni che spingono alla scelta matrimoniale e al desiderio di diventare genitori. È importante comprendere se è la cultura in cui si è immersi a far percorrere il sentiero dell’unione per la vita, oppure se lo si fa perché lo fanno tutti gli amici, lo hanno fatto i genitori o semplicemente perché è la strada più comoda per uscire dalla casa paterna e spiccare il volo verso una maggiore libertà. O magari perché ci si convince di non essere in grado di trovare la persona adatta e allora si sposa chi appare, al momento, come la soluzione migliore. Queste ragioni sono troppo deboli per sposarsi e dove non c’è una forte motivazione, il tracollo è in agguato. E se poi la persona adatta la si trovasse dopo il matrimonio? Un bel guaio! Lo so, se ora vi dico che alla base del matrimonio ci vuole l’amore mi direte in coro: lo sappiamooo! Vero, lo sappiamo tutti, ma allora perché molti, troppi, si sposano per motivi diversi e non per amore? Questo discorso può apparire banale ma non lo è, desidera solo riportare l’attenzione sulle basi solide di un’unione. Gli esseri umani sono, a mio parere, liberi di agire, sbagliare e correggersi senza però coinvolgere persone innocenti come i figli. I figli, nonostante si dica da più parti che prima o poi accettano, capiscono e si adattano, in realtà la separazione dei genitori rimane per loro la promessa disillusa di avere una famiglia. C‘è chi prosegue a vivere insieme nonostante comprenda di non amarsi più, ma anche qui forse non fa la cosa giusta…difficile trovare il comportamento migliore. Ecco perché una sana riflessione sul senso del matrimonio andrebbe fatta a partire dalla scuola: educare alla scelta più consona alla propria natura può rendere migliori molte vite. Per fortuna esistono genitori separati in grado di condurre egregiamente la loro condizione affiancando i figli nella crescita e preoccupandosi di non far loro mancare affetto, vicinanza, comprensione…purtroppo non sono la maggioranza.

Maria Giovanna Farina

lunedì 18 settembre 2023

Fatti gli affari tuoi

 




Chi si intromette arbitrariamente nella vita altrui senza che nulla gli sia richiesto non viene visto di buon occhio. Dobbiamo distinguere tra il cosiddetto impiccione e chi si intromette sentendosi in qualche modo autorizzato. Il primo, l’impiccione, è mosso dalla forte e morbosa curiosità per i fatti altrui allo scopo di riempire una vita spesso poco gratificante e povera di emozioni. Parlare dei fatti altrui allontana dalle problematiche individuali, è un vero e proprio diversivo. Per allontanare l’indiscreto è necessaria un po’ della sua sfrontatezza e senza mezzi termini dobbiamo dirgli, in modo più o meno colorito, “Fatti i fatti tuoi!”, non dobbiamo demordere se il nostro ficcanaso non si dovesse arrendere al primo invito.

Il secondo caso, l’impiccione auto-autorizzato, è più difficile da gestire perché abbiamo anche noi una certa responsabilità nel aver più o meno favorito il suo comportamento. Pensiamo al caso in cui abbiamo chiesto un prestito di denaro ad un amico o un parente, proprio in quel momento della vita in cui le cose non andavano tanto bene, gli abbiamo raccontato il nostro problema e lui con molto calore si è mostrato solidale e comprensivo tanto da farci il prestito senza interessi. Ci siamo sentiti risollevati e gli siamo molto grati. Dopo un po’ gli abbiamo restituito la somma con mille ringraziamenti. Accade che col tempo questo nostro “benefattore” continui a mostrarsi troppo solidale e oltre a chiederci come vanno le cose, inizia a dare consigli su come gestire la casa, come educare i figli fino a criticarci se ci concediamo il piacere di un diversivo, un abito in più, il parrucchiere, eccetera. Si giunge a sentirsi prigionieri di questa situazione, a sentirsi in eterno obbligo perché un giorno fu generoso con noi e in virtù di questo ingoiamo bocconi amari. 

Come possiamo liberarci da questo legame capestro? Uscendo dalla logica dell’eterna gratitudine perché il vero benefattore, quello che ti aiuta con vera generosità, non chiede continui ringraziamenti, non dà per avere. Il dare per avere, do ut des, è l’esatto opposto della generosità; dopo aver spiegato all’interessato questa dinamica se non la capisce non sentiamoci in colpa nel pronunciare: “Ma fatti gli affari tuoi”. 

Maria Giovanna Farina

giovedì 14 settembre 2023

Cerchiamo il filosofo che c'è in noi

 


Il primo articolo di questo nuovo blog non poteva che essere una riflessione sull'essere filosofi e sulla utilità della filosofia nella nostra vita, nelle nostre relazioni.

Essere filosofo è prima di tutto una forma mentale. Non si può negare che ci sia una predisposizione (pare che Cartesio fosse apostrofato dal padre mon philosophe, già in tenera età, per i suoi acuti ragionamenti), ma sono convinta che in ognuno di noi ci sia un lato filosofico da coltivare. Per far venire alla luce le nostre risorse è necessario un profondo e costante impegno. Ci sono casi in cui queste risorse siamo in grado di ripescarle da soli, altre volte abbiamo bisogno di un aiuto, magari anche minimo, ma indispensabile. Non siamo capaci, quasi sempre, perché non possediamo strumenti o li abbiamo ma non sappiamo come si utilizzano. Platone nel Teeteto fa dire a Socrate: “E’ manifesto che da me non hanno imparato nulla, ma di per se stessi hanno fatto e creato molte e belle scoperte”. Questo è il motivo per cui il filosofo ti aiuta a far nascere le idee e non a creartele. Crearle sarebbe una contaminazione e non una nascita. A volte è doloroso far nascere le idee proprio come partorire i bambini. Perché proviamo dolore? Ciò accade spesso quando le idee, le rrisorse che scopriamo dentro di noi, sono troppo in disaccordo con ciò che abbiamo appreso durante la crescita. Diventa indispensabile cercare, e non negare, la causa del disagio per poterlo superare.

Maria Giovanna Farina

Educare con l'esempio

  Jean-Jacques Rousseau, filosofo e pedagogista svizzero (1712-1778), rimase senza i genitori a 7 anni, ma si ribellò presto alla tutela del...