lunedì 20 ottobre 2025

La filosofia come cura

 


La consulenza filosofica, il dialogo come cura, è raccontata in “Ho messo le ali” nel 2013 dove viene suggerito come dire No a chi ci vuole prevaricare e ripresa in “La libertà di scegliere” nel 2017 dove viene suggerito come scegliere le persone migliori ed allontanare quelle che ci fanno stare male. Infine il discorso viene completato nel 2024 in “Platone, aiutaci tu!

In quale luogo l’uomo si esprime? Con chi e come lo fa? Sono gli interrogativi base per comprendere la comunicazione umana e non sentirsi estranei nella relazione con gli altri. Lo studio e l’analisi dell’uomo viene da lontano ancor più di quanto si possa immaginare, noi partiamo dai Greci solo perché ci rappresentano culturalmente: sono gli antenati della nostra civiltà. Zoon logon echon è la locuzione con cui il filosofo Aristotele nella Politica definisce l’uomo, animale unico e diverso dagli altri perché dotato di parola: il vivente (zoon) che ha (echon) la parola (logon). L’uomo è anche “politikon”, cioè un animale politico, fatto per stare insieme agli altri e per risolvere le sue questioni discutendo nell’agorà. Ancor prima, nella lettura dei dialoghi di Platone si incontra Socrate, il primo filosofo della storia occidentale dedito allo studio dell’anima umana. Da lì prende le mosse l’analisi della comunicazione e lo studio dell’interiorità con la tecnica del dialogo. Non un dialogo qualunque, ma uno improntato ad affrontare le idee della mente e a comprenderne la natura: personale o frutto di un indottrinamento culturale? Socrate si adopera tutta la vita per liberare le menti dagli stereotipi, dai luoghi comuni che ci portiamo dietro come una zavorra impedendo alla nostra anima di librarsi leggera nelle alte sfere, là dove non c’è posto per idee false. Passeranno parecchi secoli prima che Freud codificasse la sua teoria psicoanalitica scoprendo l’inconscio, la sua teoria trova terreno fertile per nascere grazie al frutto del lavoro del pensiero umano di tanti secoli. Gli spunti che si è trovato tra le mani sono tanti. Pensiamo al filosofo e storico Hippolyte Taine (1828-1893) che per primo parlò di rimozione, quel particolare stato dell’inconscio in grado di mettere da parte i contenuti inaccettabili della coscienza, le esperienze che è meglio dimenticare ma che dimenticandole, come teorizzò lo psicoanalista viennese, creano sintomi. Taine lo fece nel suo libro Le origini della Francia contemporanea ed. Adelphi sostenendo a proposito degli istinti che “Essi esistono sempre, anche in tempi normali; non li notiamo perché sono rimossi, ma non per questo meno attivi ed efficaci, anzi indistruttibili…”

In Totem e tabù Freud parla di repressione degli istinti e nel saggio Disagio della civiltà argomenta come la repressione sia ad opera della civilizzazione. Qui si incontrano altri spunti filosofici interessanti, come il celebre motto homo homini lupus risalente al commediografo latino Plauto morto nel II sec. a. C., riferimento poi ripreso dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) per affermare che l’uomo si lega all’altro non per amore ma per il timore reciproco. Proprio nel Disagio Freud parla della civiltà come il prezzo da pagare per essere più sicuri e protetti, il prezzo sarebbe la repressioni degli istinti.

Lo stesso studio dei sogni risale a molti secoli prima a partire dagli antichi Egizi e dai Greci che ne fecero con Platone e Aristotele un oggetto più scientifico.

Ho fatto alcuni esempi che hanno colpito il mio interesse per mettere in evidenza come ogni teoria abbia un retroterra culturale di esperienze e di pensieri di altri uomini: nessuno crea qualcosa dal nulla, nel caso di Freud c’è stata la genialità di mettere insieme e guardare avanti per applicare la conoscenza alla cura.

Il dopo Freud ha dato origine ad un dibattito che non si è mai spento, le critiche sono innumerevoli e non sempre costruttive, ma chi ha dato un parere interessante e utile all’evoluzione del pensiero freudiano, è stato, secondo il mio modo di intendere la filosofia e la modalità comunicativa dell’essere umano, lo psichiatra e filosofo svizzero Ludwig Binswanger (1881-1966) inventore dell’Antropoanalisi. Nota è la sua critica dell’homo natura freudiano considerata un’idea, nel senso che è una costruzione naturalistica. Binswanger riconosce l’importanza e il peso dell’opera freudiana, ma critica l’impianto teorico dell’homo natura, sostenendo che Freud considera l’uomo come un oggetto passivo sotto il dominio degli istinti. Sappiamo come il padre della Psicoanalisi consideri l’apparato psichico: costituito da Es (l’inconscio) Io (la consapevolezza) e Super Io (il censore); dare al desiderio il compito di spinta dal profondo dell’inconscio equivale ridurre l’homo natura in un’unica prospettiva. Per Binswanger l’uomo è molto di più, non è solo necessità da soddisfare ma un essere-nel-mondo: questa sarebbe la differenza tra visione naturalistica dell’uomo (homo natura) ed esistenza, tra scienza naturale ed antropologia. Freud ridurrebbe così la relazione tra molti con la relazione tra due: medico e paziente. Essere-nel-mondo significa avere un progetto di esistenza che entra in relazione con altri individui, perciò l’uomo, per Binswanger, non si può vedere solo come dominato dagli istinti ma come un essere in crescita dal punto di vista antropologico, proprio perché la relazione con gli altri lo spinge a mettersi in gioco come persona. Non solo corpo dominato da istinti, ma essere in crescita anche grazie all’azione della cultura, dell’arte e della spiritualità: pratiche dell’homo cultura.

Quando si è in relazione con una persona da ricondurre alla tranquillità dell’anima, una persona che deve comprendere e superare uno scoglio della vita, si è in due, ma in realtà si è in molti, tutti quelli che entrano in relazione con noi al di fuori di questo momento specifico. A chi mi chiede cos’è la consulenza filosofica, rispondo: per me è ascoltare chi mi sta di fronte nella piena consapevolezza che questa persona con la quale sto parlando vive in relazione con tante altre persone e che il suo progetto di vita si incontra-scontra con quello di altri. Anche per questa ragione l’esistenza diventa difficile, dobbiamo fare i conti con questi “altri” e le loro richieste a volte pressanti e difficili da soddisfare. Trovare un metodo personalizzato da applicare alle singole richieste, alle diverse criticità nelle differenti epoche della vita e far sì che questo metodo sia applicabile ad altre circostanze della vita futura di chi mi chiede aiuto, è il mio compito.

L’uomo con le sue esperienze si racconta attraverso linguaggi differenti: arte pittorica, poesia, musica e tante altre espressioni di quell’interiorità che preme e vuole uscire allo scoperto. Bisogna accoglierla, decodificarla e trovare la strada migliore per condurre la migliore esistenza tra le possibilità che ci sono date.

Maria Giovanna Farina, filosofa 


mercoledì 8 ottobre 2025

AMORE MIO




 Amore mio

tuoi sono i sogni miei,
i miei sussurri nell'aurora,
le mie carezze nell'amore donato,
i miei perdoni tra il pianto amaro!

Amore mio
sei l'alba nel buio
delle ombre!

Amore mio
a te offro
lo sguardo bambino per iniziare il giorno
e il mio risveglio con i tuoi passi nell'anima!

E' il mio colore che ti offro con
spicchi di sole e profumi di essenza
spalmate sotto la luce delle stelle!

Amore mio,
ti offro l'anima,
il mio sorriso e
la lotta eterna
di una Donna
troppo bambina che
invano cerca nei suoi giorni
un cuore da amare e
chiamare Amore mio !
“copyright ©

L'amore oltre la specie

 


Epicuro sosteneva che la felicità si ottiene attraverso il piacere inteso come assenza di dolore e turbamento e riguardo l'amore affermava che l'unione amorosa va oltre l'unione fisica puntando al piacere condiviso che ne giustifica l'esistenza. L'amore si manifesta amando anche gli altri esseri, Epicuro infatti contestava l'antropocentrismo, il suo pensiero era di conseguenza rivolto verso una maggiore considerazione degli altri esseri viventi.

La redazione

Il giorno del Signore (Amen)

 


La mia vita è alquanto monotona, casa e circolo ricreativo per gli anziani, lavoro e circolo ricreativo tranne la Domenica che vado a Messa. La Domenica è per me il giorno più bello della settimana perché vado a Messa, ma non tanto per la Messa che in fondo non mi interessa più di tanto, ci vado perché ci sono sempre andato, mia mamma ci andava sempre e così per non mancarle di rispetto, anche adesso che ho settant’anni e lei è morta da più di dieci, continuo ad andarci. Però non è solo per questo motivo che mi piace andare a Messa, il vero motivo è che in chiesa è l’unico posto dove posso sedermi vicino a lei, una bella signora alta e distinta. So dove abita, conosco anche il suo nome, Clelia, avrà circa sessant’anni, so che è vedova e non ha figli, proprio come me, cioè come me non ha figli, ma io non li ho perché non mi sono mai sposato e non perché sono vedovo. Cosa vuoi, quando si arriva alla mia età scapoli è difficile poi mettersi insieme a qualcuno, ma questa volta credo proprio che se quella bella signora mi volesse mi deciderei a fare il grande passo. Quando siamo lì, seduti uno vicino all’altra mi sento proprio bene, aspetto sempre con ansia il momento di scambiarsi un segno di pace per poterle stringere la mano, per sentire la sua mano nella mia e guardarla negli occhi: mi sembra di tornare ragazzino quando a Messa ci andavo per stare vicino alle ragazze. Un giorno o l’altro le chiederò se posso accompagnarla a casa, abita vicino a me, il portone dopo, ma è sempre così seria che ho una paura matta che mi dica di no. Devo trovare una scusa buona, non posso bruciare così la possibilità di conoscerla, mi interessa troppo. L’occasione tanto aspettata potrebbe essere giovedì prossimo, ci sarà la processione per la conclusione del mese mariano, potrei chiederle di andarci insieme, in fondo buongiorno e buonasera ce lo diciamo, che male ci sarebbe ad invitarla alla processione? All’uscita dalla chiesa farò così, le dirò: ”Anche lei andrà alla processione di Giovedì sera?” e se mi risponderà di sì, potrei continuare dicendole: ”Che ne direbbe se ci andassimo insieme?” e se mi dovesse rispondere ancora di sì è fatta, la vado a prendere sotto casa con due lumi accesi, uno per me e uno per lei e insieme potremmo passare tutta la serata fino a quando poi la riaccompagnerei a casa. Finalmente arriva il giovedì tanto atteso, sono pronto da due ore. Tutto pulito, sbarbato e profumato e con il vestito buono, quello delle grandi occasioni, ricordo che l’ultima volta l’indossai per il funerale del mio padrone di casa, che classe, controllo gli ultimi dettagli. Mi mancano solo i ceri e per questo mi reco da Gaspare, il mio droghiere, penso l’ultimo rimasto. Mi mostra diversi tipi di candele e lumini, ma io voglio due ceri, belli, lunghi e grossi, come quelli del prete. Dopo insistenti richieste e ricerche scende in magazzino dove ricorda che forse c’era rimasto qualcosa. Passano alcuni minuti e lo vedo risalire sorridente dallo scantinato del negozio con due bei ceri, come li volevo io, lunghi, belli e grossi, hanno anche un profilo di rose rosse attorno, uno schianto. Gonfio come un tacchino, intanto s’era fatta l’ora della messa, con i due grossi ceri, uno per mano, mi avvio verso la chiesa.

- Buona sera signor Tullio, cosa fa con quei due grossi ceri in mano?

- Oh signora Clelia, che piacere, sto andando alla messa e ho pensato di consumare queste candele

che conservavo in casa da tanto tempo, non ricordavo neppure di averle, le ho trovate per caso

cercando il rosario che acquistai a Lourdes

- Sono un tantino grandi ma sono proprio belle

- Grazie. Se le fa piacere gliene posso dare una e poi andiamo insieme alla processione

- Grazie, ma non vorrei…

- Ma scherza signora Clelia, per me sarebbe un grandissimo piacere

- Se proprio insiste

Finita la messa usciamo entrambi con i nostri bei ceri, tutti ci guardano e ci invidiano, nessuno ha dei ceri tanto belli. Per tutta la processione tra un canto e l’altro ci scambiamo occhiate eloquenti e quando siamo sul finire, tutto in un fiato pronuncio la fatidica frase

- Signora Clelia, permette che l’accompagni a casa?

Schermendosi, neppure tanto, accetta di buon grado. Giunto sotto casa timidamente mi chiede se voglio salire a bere un caffè da lei, fingo di guardare l’orologio

- Sono già le dieci, non vorrei disturbare

- Non si preoccupi, bambini che dormono non ne ho

Salgo colmo di speranze e, beh, non ci crederete, ancora oggi che ho ottant’anni sono ancora insieme alla mia bella signora e ci amiamo più che mai. Dimenticavo, a Messa ci andiamo sempre, ma non tanto spesso come una volta.


Max Bonfanti, filosofo analista @tutti i diritti riservati


Parliamo d’amore

 


Parlare d'amore... non è mica facile; sembra forse, ma si potrebbe cadere nelle frasi stereotipate, nel qualunquismo. E poi parlare di quale amore? ce ne sono diversi tipi e non tutti paragonabili tra loro, né per intensità, né per modalità: l'amore di una coppia, quello tra genitori e figli, tra umani ed animali, ma anche amore per quel che si fa, per il proprio lavoro, la propria passione. C’è l’amore tenero, passionale, luminoso o tenebroso, quello giovanile e quello maturo, platonico ecc…Una cosa è certa, che senza amore non si può vivere, si sopravvive, ed è un'altra cosa. L'Amore, quello con la A maiuscola, coinvolge tutto il nostro essere e tira fuori dal nostro "dentro" tutto quello che c'è di bello e di buono; annulla le negatività, l'egoismo, a favore di una dedizione e generosità che supera ogni ostacolo. Se questo non succede, stiamo parlando di affetto fascinazione passione, ma non di questo sentimento che cambia la vita. Chi ama pensa all'altro, o agli altri se si rivolge ai figli, ed è capace di annullare i propri bisogni e desideri se vanno a scapito dell'amato. L’amore è un lavoro quotidiano, continuo, perché il sentimento va curato e coccolato. Chi lo ha provato o lo prova, lo sa. Si parla tanto d’amore anche in questa nostra società dominata dai social e lo fanno soprattutto i giovani che lo cercano, lo confondono, lo perdono e male interpretano, saranno sentimenti veri o fiammate a volte anche nocive? C’è poi l’amore tardivo, quello che arriva quando non te lo aspetti più; fatto di meno passione, forse, ma di più gradevole quotidianità, per rendere completa la vita di chi non ci sperava più. E che dire dell’amore che va oltre l’eterosessualità? Quanta fatica, quante difficoltà deve incontrare, ma se è il nostro Amore con la A maiuscola, risolve una vita intera e problemi che sembravano insormontabili. Ma vorrei puntare l'attenzione anche su un paio di altre situazioni, l'amore verso i propri animali e quello per il proprio lavoro. "Amare un animale non è come amare una persona", una frase che si sente spesso; ma chi la pronuncia, chi la pensa non ha mai avuto la fortuna di avere in casa un amico peloso. Arrivo a dire che in certe situazioni o famiglie, può essere vero, l'amore di un animale non è come quello di una persona, a volte è molto meglio. Di certo qualcuno inorridirà, ma perché non ha avuto la fortuna di vivere questa esperienza: ho conoscenza di due fratellini che sono voluti bene in modo normale dal papà e dalla mamma, che per lavoro, indole o indifferenza, accudiscono i loro figli dando loro tutto il necessario, senza far loro mancare nulla. Nulla, se non il tempo e l'amore vero, che non può essere sostituito da quello di una tata. Un buco esistenziale grande nel periodo della crescita, ma la situazione si è sistemata, quando, su consiglio di un terapeuta, ai bambini è stato concesso di avere un cucciolo: l'amore che a loro serviva è arrivato da questo cagnolone che ha iniziato a riempire i vuoti del loro cuore con una dedizione estrema. Grande lezione di vita! Quello per le proprie passioni o il proprio lavoro, è pure un sentimento forte e radicato, che può portare alla realizzazione dei propri sogni, se gestito bene e da una persona di grande intelligenza. Questo mi fa pensare al grande stilista Giorgio Armani, che ha saputo coniugare, anzi assemblare i suoi sentimenti per chi aveva intorno e per la sua professione. E' certamente un caso eccezionale e forse unico, ma pensare che dal poco sia potuto arrivare a dominare un ambiente così variegato fino ad esserne il re, vuol dire che ha dedicato alla professione tutto se stesso. Ma soprattutto lo ha fatto non a scapito dei rapporti umani, che ha coltivato in modo parallelo, coinvolgendo tutti ed aiutando tutti.
Ci vuole una grande mente, ma anche un cuore grande! L’augurio è che ognuno di noi trovi la sua forma di amore e sappia coltivarla al meglio, ma attenzione:

L’ amore non è la promessa di una felicità facile, ma il tentativo costante di tenere vivo questo sentimento attraverso la cura dell’altro” cit. da Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo polacco

Giuliana Pedroli @tutti i diritti riservati

Ma che cos’è l’amore?

 


Credo che sia una delle domande più difficili che si possano fare. Nel mio lungo percorso di giornalista mi è capitato più volte di rivolgere questa domanda in sede di intervista, non certo per mettere in difficoltà il mio interlocutore, ma per entrare in empatia con quel mondo di sentimenti delicati che sfociano nel rispetto, nella passione, nell’estrinsecazione dell’anima. Diverse sono state le risposte e i momenti di riflessione su un tema così difficile come quello dell’amore, la cui declinazione offre mille varianti nel riconoscerlo oltre che sentirlo. C’è chi ha risposto con immediatezza: “E’ il motore della vita” o chi con un attimo di incertezza nel trovare le parole giuste, ha detto: “Per me l’amore è qualcosa che chiede dedizione, creatività e ascolto”. Ma quello che più di ogni altra risposta si associa all’amore è l’Eros e la sessualità nel rapporto a due. Diciamo che questo è uno degli aspetti fondamentali del sentimento che prevale tra i rapporti interpersonali e, soprattutto, spinge a pensare a un qualcosa di reale nella forma del donarsi e ricevere. Tuttavia, l’amore è qualcosa di ancora più profondo se pensiamo al rispetto dell’umanità, al sapore prezioso che è il pensiero rivolto alla grande bellezza della natura, a un bimbo che nasce, all’emozione di sapere vivere la vita con gratitudine nelle sue più semplici manifestazioni. Il giorno che nasce, il tramonto, il volo basso dei gabbiani, l’immensità del mare, le alte vette delle montagne, la tenerezza che si fa amore verso il proprio cane, gatto o altro animale domestico, tutte cose che inducono a pensare quanto grande sia l’amore per le cose semplici che ci circondano. E se proviamo a pensare quanto l’amore sia sempre lì a combattere l’odio, allora ci vengono in mente le guerre, i soprusi, l’amore tossico, e tanto altro che confondiamo spesso con la parola “AMORE”, ma che amore non è se lo riteniamo possesso e non rispetto. Già, il rispetto come forma culturale, come significato dell’amore vero che non è aulico pensiero romantico, ma vita del nostro quotidiano. E divagando tra una forma e l’altra di ciò che si intende per amore, mi viene in mente il romanzo sentimentale Le notti bianche” di Dostoevskij, dove il protagonista è un sognatore, un giovane intellettuale che conduce la sua esistenza ai margini della società umana, preferendo la notte al giorno, come teatro delle sue passeggiate e delle sue riflessioni, scoprendosi, soprattutto, uno spettatore della vita altrui, piuttosto che protagonista della sua. Ecco, io penso che donarsi agli altri sia quella forma, tra le tante, di amore vero. Sì, perché lì è racchiusa tutta la nostra anima verso chi soffre e ha bisogno di noi, di essere ascoltati, aiutati a non sprofondare nell’oscurità dell’oblio. Un cenno finale non si può non fare a Platone che definisce l’eros “come qualcosa che scorre dentro dall’esterno”, mentre in una seconda fase dell’amore egli coinvolge la spiritualità. Profondità di pensiero intellettuale e filosofico, in cui, come dicevamo pocanzi, ognuno esprime la propria idea sull’universalità dell’amore intenso nel senso più ampio del suo significato.

Ma poi cos’è l’amore se non quello di Prevertiana memoria?: “Questo amore/ Così violento/ Così fragile/Così tenero/Così disperato/Questo amore/Bello come il giorno/Cattivo come il tempo/Quando il tempo è cattivo/Questo amore così vero/Questo amore così bello/Così felice/Così gioioso/Così irrisorio/Tremante di paura come un bambino quando è buio/Così sicuro di sé/Come un uomo tranquillo nel cuore della notte.

Anche questo è amore. Anche questo è inno alla vita!

Salvino Cavallaro, Giornalista @tutti i diritti riservati

Amarsi è complicato

 


Bea si guarda allo specchio.

Ale si guarda allo specchio.

Io mi fisso allo specchio.

Perché il mio viso deve avere quei stupidi puntini rossi

Sul naso sulla fronte... e perché la mia compagna di banco se li disegna con la matita perché dice che sono di moda e fighi?


Lei però li potrà cancellare quando vorrà, io no.

Perché le mie ginocchia si toccano e poi le gambe si divaricano, le chiamano a 'x' ... come stanno male a me i leggins!

E i miei capelli? Chi è peggiore di me? Sono ricci, crespi, disordinati, indisciplinati come la peggiore della classe.

E la mia voce poi... sembri una bambina, "gne gne" mi chiamano.

Ci guardiamo per provare ad amarci così, come siamo.

Aiutateci ad amarci.

Questo vi grideremo.


Grazie

Bea anni 13

Ale anni 14

Io anni 16


Paola Zagarella, scrittrice


La filosofia come cura

  La consulenza filosofica , il dialogo come cura, è raccontata in “Ho messo le ali” nel 2013 dove viene suggerito come dire No a chi ci vuo...