Troppo spesso capita di sentire
complimenti “esagerati” per azioni che dovrebbero
essere parte integrante della nostra quotidianità. Quante volte oggigiorno vediamo una persona
aiutare un anziano ad attraversare la
strada? Cedere il posto sull’autobus o sul treno (dove esistono posti
riservati a donne in dolce attesa e signori di età avanzata, ma puntualmente sono occupati nonostante ce ne
siano di altri vuoti)? Farsi carico
della loro borsa della spesa? Sono eventi rari, già il fatto che vengano considerati eventi e non la
normalità la dice lunga su come si stiano
evolvendo verso il regresso i nostri principi e la nostra morale e le poche volte che succedono è solo
perché vediamo persone veramente bisognose
di aiuto. Solamente nel momento in cui
non aiutare una persona rischia di diventare, agli occhi dei presenti,
disumano, forse, ci sentiamo in dovere di agire. Ci stiamo trasformando
in un popolo cieco, non come difetto
fisico ma come principio naturale, insomma, un difetto dell’anima. Non ci poniamo mai nei
panni del nostro prossimo che ha, o quantomeno
potrebbe, avere bisogno di noi. Preferiamo non vedere, o meglio, far finta di non vedere e
continuare a pensare a noi stessi. La
vista si sta annebbiando, ma l’udito e la favella funzionano benissimo quando
mettere in cattiva luce è uno dei maggiori argomenti di dialogo. E’ inutile girarci intorno, non sappiamo
parlare d’altro che di cose futili.
Giusto poco tempo fa al supermercato m’è successo casualmente di fare un esperimento mentre stavo in
coda alla cassa. Solitamente appena si
arriva a pagare il conto della spesa siamo circondati da chewing-gum o caramelle di ogni sorta invece quel
giorno, il caso ha voluto che, sopra
tutti questi dolciumi, ci fossero due vasetti di yogurt, chiaramente fuori posto. Non mi sarei
mai aspettato che la gente abbandonasse
la fila per andare a riposizionarlo. Non era nemmeno necessario arrivare a tanto. Bastava
consegnarlo semplicemente alla commessa.
Ebbene, esperimento riuscito! Nessuna delle persone che avevo davanti a me s’è posta il problema di
trovare una soluzione al povero yogurt
abbandonato. Poteva tranquillamente restare al calduccio lontano dal frigorifero, diventare guasto ed
essere buttato o, nel peggiore dei casi,
a fine serata essere riposizionato come se nulla fosse nel suo frigorifero. Allora m’è sorto il
dubbio: cosa può spingere le persone a ignorare
questi piccoli gesti che dovrebbero essere alla base di una società civile? Stiamo perdendo di
vista il reale significato di giusto e
sbagliato? Di dovere o pretendere? Chi lo sa. La
certezza è una, qualunque evento accade per causa nostra è sempre in buona fede
e senza nessuna cattiveria di fondo. Questo avviene
perché tutti i giorni conviviamo con il nostro modo di fare che non sarà il migliore, ma siamo così
presuntuosi da ritenerlo tale. Ma se commette un errore una persona che non
conosciamo o a noi non
particolarmente simpatica allora brandiamo saldamente la spada e sentendoci giudici condanniamo
pesantemente quell’azione maleducata come
se stessimo accusando il peggiore dei delinquenti. Questo
dimostra che siamo diventati
ciechi nei confronti di noi stessi. Penso sia una delle cose peggiori che possa capitare
ad un essere umano. Perché non vedersi
vuol dire non essere in grado di confrontarsi con le altre persone, non vedere se in noi ci siano miglioramenti o peggioramenti, ergo, cadere nell’errore di pensare
che, per quanto riguarda la nostra persona,
siamo a posto così. Rimaniamo in perenne stallo intellettuale. Ignoriamo cosa significa coltivare
l’amor proprio. Dobbiamo mettere la nostra
persona al primo posto delle nostre priorità. Non per vanità né tanto meno per egoismo. Il migliorare
noi stessi aiuta a migliorare anche
le relazioni con le altre persone. Ciò lo si otterrà solo se, prima di criticare chi sta di fronte a
noi, ci poniamo una domanda: posso
aver provocato io questa reazione in lei/lui? Insomma, per ogni nostra azione, per ogni nostro gesto o
parola dovremmo farci un esame di coscienza
e magari noteremo che un nostro amico ci risponde male o ci aiuta mal volentieri non perché s’è
svegliato male lui o perché gli hanno
dato buca ad un appuntamento, ma perché qualcosa che abbiamo detto o fatto l’ha urtato senza che noi ce
ne accorgessimo. E’ come se tra due persone
ci fosse un dipinto, solo uno dei due riuscirà ad ammirare l’opera d’arte, l’altro ne vedrà il retro. La
stessa cosa capita quotidianamente,
mai le persone vedono la stessa cosa, anche se all’apparenza può sembrare.
Migliorarsi vuol dire basta cercare scuse patetiche.
Ogni volta dobbiamo sempre giustificare qualunque cosa facciamo, sia nel bene che nel male,
non ci assumiamo mai le nostre responsabilità.
Ciò vuol dire farsi carico di noi stessi e non soltanto a parole dove troppo spesso si sente:
“ mi assumo sempre le mie responsabilità!”. No, se fosse
un’affermazione vera e intrinseca del nostro
modo di essere che motivo avremmo di rivendicarlo a parole? Il tempo è galantuomo, basta avere
pazienza ed esso svelerà sempre la nostra reale natura, una persona può
continuare ad ingannare con belle parole, ma
difficilmente riesce ad ingannare la realtà della sua natura. Pertanto dobbiamo responsabilizzarci
anche nei fatti. Le parole sono tutti
molto bravi a cambiarle. Pure noi stessi non formuliamo quasi mai correttamente, a parole, un concetto
che abbiamo in testa. Da come
pensiamo un concetto a come lo esprimiamo subisce già una modifica, immaginiamo che modifica ulteriore
possa subire da come lo esprimiamo noi
a come lo interpreta il nostro interlocutore. Proprio per questo motivo sono i gesti quello che
contano. Kant, uno dei massimi filosofi
moderni, diceva che:” Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali.” Noi ci sentiamo sempre superiori a certi pensieri, nemmeno ci sfiora l’idea di
fermarci a riflettere su un’idea così
banale che, tra l’altro, fondamentalmente non abbiamo nemmeno
capito. Questo accade perché viviamo in un mondo dove le persone appena finiscono di lavorare vogliono
rilassarsi, accendere il
televisore per ore e ore passando
da reality a fiction che, per quanto possano essere di intrattenimento, non trasmettono
niente o molto poco di quello che
interessa a noi adesso. L’amor proprio. Il peggio arriverà quando certi valori si dovrà passarli di padre in
figlio. Cosa trasmetteremo? Nulla. Una
cosa non troppo complessa e fondamentale potremmo provare a farla nostra per poi trasmetterla. Insegnare
a dubitare. Il saper mettere in
discussione le cose insegnatoci da Cartesio, saper scindere il buono dal non buono, approfondire senza mai fermarsi
alla prima soluzione. Come spiega
in maniera molto chiara e semplice Popper :”
ogniqualvolta una teoria ti
sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il
problema che si intendeva risolvere”. La
verità è che dovremmo scendere dal piedistallo in cui continuiamo a vivere e iniziassimo a farci un serio e profondo esame
interiore. Nel momento in cui
succede qualcosa dobbiamo smetterla di essere i primi a indossare la toga dei giudici o degli
avvocati, ma indossare il proprio umile
abito e prima essere pronti ad essere giudicati che a giudicare anche perché,
come spiega Socrate nel suo dialogo con “Gorgia”: Mi piace più ricevere obiezioni che farne: è
molto più utile, così come è più utile
essere liberati noi da una disgrazia piuttosto che liberarne un altro.”
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