martedì 5 dicembre 2023

RIFLESSIONE SUI PRINCIPI E SULLE VIRTU’ DELL’UOMO

 


Troppo spesso capita di sentire complimenti “esagerati” per azioni che dovrebbero essere  parte integrante della nostra quotidianità. Quante volte oggigiorno vediamo una persona aiutare un anziano ad attraversare la strada? Cedere il posto sull’autobus o sul treno (dove esistono posti 
riservati a donne in dolce attesa e signori di età avanzata, ma puntualmente sono occupati nonostante ce ne siano di altri vuoti)? Farsi carico della loro borsa della spesa? Sono eventi rari, già il fatto che vengano considerati eventi e non la normalità la dice lunga su come si stiano evolvendo verso il regresso i nostri principi e la nostra morale e le poche volte che succedono è solo perché vediamo persone veramente bisognose di aiuto. Solamente nel momento in cui non aiutare una persona rischia di diventare, agli occhi dei presenti, disumano, forse, ci sentiamo in dovere di agire. Ci stiamo trasformando in un popolo cieco, non come difetto fisico ma come principio naturale, insomma, un difetto dell’anima. Non ci poniamo mai nei panni del nostro prossimo che ha, o quantomeno potrebbe, avere bisogno di noi. Preferiamo non vedere, o meglio, far finta di non vedere e continuare a pensare a noi stessi. La vista si sta annebbiando, ma l’udito e la favella funzionano benissimo quando mettere in cattiva luce è uno dei maggiori argomenti di dialogo. E’ inutile girarci intorno, non sappiamo parlare d’altro che di cose futili. Giusto poco tempo fa al supermercato m’è successo casualmente di fare un esperimento mentre stavo in coda alla cassa. Solitamente appena si arriva a pagare il conto della spesa siamo circondati da chewing-gum o caramelle di ogni sorta invece quel giorno, il caso ha voluto che, sopra tutti questi dolciumi, ci fossero due vasetti di yogurt, chiaramente fuori posto. Non mi sarei mai aspettato che la gente abbandonasse la fila per andare a riposizionarlo. Non era nemmeno necessario arrivare a tanto. Bastava consegnarlo semplicemente alla commessa. Ebbene, esperimento riuscito! Nessuna delle persone che avevo davanti a me s’è posta il problema di trovare una soluzione al povero yogurt abbandonato.  Poteva tranquillamente restare al calduccio lontano dal frigorifero, diventare guasto ed essere buttato o, nel peggiore dei casi, a fine serata essere riposizionato come se nulla fosse nel suo frigorifero. Allora m’è sorto il dubbio: cosa può spingere le persone a ignorare questi piccoli gesti che dovrebbero essere alla base di una società civile? Stiamo perdendo di vista il reale significato di giusto e sbagliato? Di dovere o pretendere? Chi lo sa. La certezza è una, qualunque evento accade per causa nostra è sempre in buona fede e senza nessuna cattiveria di fondo. Questo avviene perché tutti i giorni conviviamo con il nostro modo di fare che non sarà il migliore, ma siamo così presuntuosi da ritenerlo tale. Ma se commette un errore una persona che non conosciamo o a noi non particolarmente simpatica allora brandiamo saldamente la spada e sentendoci giudici condanniamo pesantemente quell’azione maleducata come se stessimo accusando  il peggiore dei delinquenti. Questo dimostra che siamo diventati ciechi nei confronti di noi stessi. Penso sia una delle cose peggiori che possa capitare ad un essere umano. Perché non vedersi vuol dire non essere in grado di confrontarsi con le altre persone, non vedere se in noi ci siano miglioramenti o peggioramenti, ergo, cadere nell’errore di pensare che, per quanto riguarda la nostra persona, siamo a posto così. Rimaniamo in perenne stallo intellettuale. Ignoriamo cosa significa coltivare l’amor proprio. Dobbiamo mettere la nostra persona al primo posto delle nostre priorità. Non per vanità né tanto meno per egoismo. Il migliorare noi stessi aiuta a migliorare anche le relazioni con le altre persone. Ciò lo si otterrà solo se, prima di criticare chi sta di fronte a noi, ci poniamo una domanda: posso aver provocato io questa reazione in lei/lui? Insomma, per ogni nostra azione, per ogni nostro gesto o parola dovremmo farci un esame di coscienza e magari noteremo che un nostro amico ci risponde male o ci aiuta mal volentieri non perché s’è svegliato male lui o perché gli hanno dato buca ad un appuntamento, ma perché qualcosa che abbiamo detto o fatto l’ha urtato senza che noi ce ne accorgessimo. E’ come se tra due persone ci fosse un dipinto, solo uno dei due riuscirà ad ammirare l’opera d’arte, l’altro ne vedrà il retro. La stessa cosa capita quotidianamente, mai le persone vedono la stessa cosa, anche se all’apparenza può sembrare. Migliorarsi vuol dire basta cercare scuse patetiche. Ogni volta dobbiamo sempre giustificare qualunque cosa facciamo, sia nel bene che nel male, non ci assumiamo mai le nostre responsabilità. Ciò vuol dire farsi carico di noi stessi e non soltanto a parole dove troppo spesso si sente: “ mi  assumo sempre le mie responsabilità!”. No, se fosse un’affermazione vera e intrinseca del nostro modo di essere che motivo avremmo di rivendicarlo a parole? Il tempo è galantuomo, basta avere pazienza ed esso svelerà sempre la nostra reale natura, una persona può continuare ad ingannare con belle parole, ma difficilmente riesce ad ingannare la realtà della sua natura. Pertanto dobbiamo responsabilizzarci anche nei fatti. Le parole sono tutti molto bravi a cambiarle. Pure noi stessi non formuliamo quasi mai correttamente, a parole, un concetto che abbiamo in testa. Da come 
pensiamo un concetto a come lo esprimiamo subisce già una modifica, immaginiamo che modifica ulteriore possa subire da come lo esprimiamo noi a come lo interpreta il nostro interlocutore. Proprio per questo motivo sono i gesti quello che contano. Kant, uno dei massimi filosofi 
moderni, diceva che:” Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali.”  Noi ci sentiamo sempre superiori a certi pensieri, nemmeno ci sfiora l’idea di fermarci a riflettere su un’idea così banale che, tra l’altro, fondamentalmente non abbiamo nemmeno 
capito. Questo accade perché viviamo in un mondo dove le persone appena finiscono di lavorare vogliono rilassarsi, accendere il televisore per ore e ore passando da reality a fiction che, per quanto possano essere di intrattenimento, non trasmettono niente o molto poco di quello che 
interessa a noi adesso. L’amor proprio. Il peggio arriverà quando certi valori si dovrà passarli di padre in figlio. Cosa trasmetteremo? Nulla. Una cosa non troppo complessa e fondamentale potremmo provare a farla nostra per poi trasmetterla. Insegnare a dubitare. Il saper mettere in 
discussione le cose insegnatoci da Cartesio, saper scindere il buono dal non buono, approfondire senza mai fermarsi alla prima soluzione. Come spiega in maniera molto chiara e semplice Popper :” ogniqualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere”. La verità è che dovremmo scendere dal piedistallo in cui continuiamo a vivere e iniziassimo a farci un serio e profondo esame interiore. Nel momento in cui succede qualcosa dobbiamo smetterla di essere i primi a indossare la toga dei giudici o degli avvocati, ma indossare il proprio umile abito e prima essere pronti ad essere giudicati che a giudicare anche perché, come spiega Socrate nel suo dialogo con “Gorgia”: Mi piace più ricevere obiezioni che farne: è molto più utile, così come è più utile essere liberati noi da una disgrazia piuttosto che liberarne un altro.”

(tutti diritti riservati@)

 Max Bonfanti, filosofo analista

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