La
consulenza filosofica, il dialogo come cura, è raccontata in “Ho
messo le ali” nel 2013 dove viene suggerito come dire No a chi ci
vuole prevaricare e ripresa in “La libertà di scegliere” nel
2017 dove viene suggerito come scegliere le persone migliori ed
allontanare quelle che ci fanno stare male. Infine il discorso viene
completato nel 2024 in “Platone,
aiutaci tu!”
In
quale luogo l’uomo si esprime? Con chi e come lo fa? Sono gli
interrogativi base per comprendere la comunicazione umana e non
sentirsi estranei nella relazione con gli altri. Lo studio e
l’analisi dell’uomo viene da lontano ancor più di quanto si
possa immaginare, noi partiamo dai Greci solo perché ci
rappresentano culturalmente: sono gli antenati della nostra civiltà.
Zoon logon echon è la locuzione con cui il filosofo Aristotele nella
Politica definisce l’uomo, animale unico e diverso dagli altri
perché dotato di parola: il vivente (zoon) che ha (echon) la parola
(logon). L’uomo è anche “politikon”, cioè un animale
politico, fatto per stare insieme agli altri e per risolvere le sue
questioni discutendo nell’agorà. Ancor prima, nella lettura dei
dialoghi di Platone si incontra Socrate, il primo filosofo della
storia occidentale dedito allo studio dell’anima umana. Da lì
prende le mosse l’analisi della comunicazione e lo studio
dell’interiorità con la tecnica del dialogo. Non un dialogo
qualunque, ma uno improntato ad affrontare le idee della mente e a
comprenderne la natura: personale o frutto di un indottrinamento
culturale? Socrate si adopera tutta la vita per liberare le menti
dagli stereotipi, dai luoghi comuni che ci portiamo dietro come una
zavorra impedendo alla nostra anima di librarsi leggera nelle alte
sfere, là dove non c’è posto per idee false. Passeranno parecchi
secoli prima che Freud codificasse la sua teoria psicoanalitica
scoprendo l’inconscio, la sua teoria trova terreno fertile per
nascere grazie al frutto del lavoro del pensiero umano di tanti
secoli. Gli spunti che si è trovato tra le mani sono tanti. Pensiamo
al filosofo e storico Hippolyte Taine (1828-1893) che per primo parlò
di rimozione, quel particolare stato dell’inconscio in grado di
mettere da parte i contenuti inaccettabili della coscienza, le
esperienze che è meglio dimenticare ma che dimenticandole, come
teorizzò lo psicoanalista viennese, creano sintomi. Taine lo fece
nel suo libro Le origini della Francia contemporanea ed. Adelphi
sostenendo a proposito degli istinti che “Essi esistono sempre,
anche in tempi normali; non li notiamo perché sono rimossi, ma non
per questo meno attivi ed efficaci, anzi indistruttibili…”
In
Totem e tabù Freud parla di repressione degli istinti e nel saggio
Disagio della civiltà argomenta come la repressione sia ad opera
della civilizzazione. Qui si incontrano altri spunti filosofici
interessanti, come il celebre motto homo homini lupus risalente al
commediografo latino Plauto morto nel II sec. a. C., riferimento poi
ripreso dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) per affermare
che l’uomo si lega all’altro non per amore ma per il timore
reciproco. Proprio nel Disagio Freud parla della civiltà come il
prezzo da pagare per essere più sicuri e protetti, il prezzo sarebbe
la repressioni degli istinti.
Lo
stesso studio dei sogni risale a molti secoli prima a partire dagli
antichi Egizi e dai Greci che ne fecero con Platone e Aristotele un
oggetto più scientifico.
Ho
fatto alcuni esempi che hanno colpito il mio interesse per mettere in
evidenza come ogni teoria abbia un retroterra culturale di esperienze
e di pensieri di altri uomini: nessuno crea qualcosa dal nulla, nel
caso di Freud c’è stata la genialità di mettere insieme e
guardare avanti per applicare la conoscenza alla cura.
Il
dopo Freud ha dato origine ad un dibattito che non si è mai spento,
le critiche sono innumerevoli e non sempre costruttive, ma chi ha
dato un parere interessante e utile all’evoluzione del pensiero
freudiano, è stato, secondo il mio modo di intendere la filosofia e
la modalità comunicativa dell’essere umano, lo psichiatra e
filosofo svizzero Ludwig Binswanger (1881-1966) inventore
dell’Antropoanalisi. Nota è la sua critica dell’homo natura
freudiano considerata un’idea, nel senso che è una costruzione
naturalistica. Binswanger riconosce l’importanza e il peso
dell’opera freudiana, ma critica l’impianto teorico dell’homo
natura, sostenendo che Freud considera l’uomo come un oggetto
passivo sotto il dominio degli istinti. Sappiamo come il padre della
Psicoanalisi consideri l’apparato psichico: costituito da Es
(l’inconscio) Io (la consapevolezza) e Super Io (il censore); dare
al desiderio il compito di spinta dal profondo dell’inconscio
equivale ridurre l’homo natura in un’unica prospettiva. Per
Binswanger l’uomo è molto di più, non è solo necessità da
soddisfare ma un essere-nel-mondo: questa sarebbe la differenza tra
visione naturalistica dell’uomo (homo natura) ed esistenza, tra
scienza naturale ed antropologia. Freud ridurrebbe così la relazione
tra molti con la relazione tra due: medico e paziente.
Essere-nel-mondo significa avere un progetto di esistenza che entra
in relazione con altri individui, perciò l’uomo, per Binswanger,
non si può vedere solo come dominato dagli istinti ma come un essere
in crescita dal punto di vista antropologico, proprio perché la
relazione con gli altri lo spinge a mettersi in gioco come persona.
Non solo corpo dominato da istinti, ma essere in crescita anche
grazie all’azione della cultura, dell’arte e della spiritualità:
pratiche dell’homo cultura.
Quando
si è in relazione con una persona da ricondurre alla tranquillità
dell’anima, una persona che deve comprendere e superare uno scoglio
della vita, si è in due, ma in realtà si è in molti, tutti quelli
che entrano in relazione con noi al di fuori di questo momento
specifico. A chi mi chiede cos’è la consulenza filosofica,
rispondo: per me è ascoltare chi mi sta di fronte nella piena
consapevolezza che questa persona con la quale sto parlando vive in
relazione con tante altre persone e che il suo progetto di vita si
incontra-scontra con quello di altri. Anche per questa ragione
l’esistenza diventa difficile, dobbiamo fare i conti con questi
“altri” e le loro richieste a volte pressanti e difficili da
soddisfare. Trovare un metodo personalizzato da applicare alle
singole richieste, alle diverse criticità nelle differenti epoche
della vita e far sì che questo metodo sia applicabile ad altre
circostanze della vita futura di chi mi chiede aiuto, è il mio
compito.
L’uomo
con le sue esperienze si racconta attraverso linguaggi differenti:
arte pittorica, poesia, musica e tante altre espressioni di
quell’interiorità che preme e vuole uscire allo scoperto. Bisogna
accoglierla, decodificarla e trovare la strada migliore per condurre
la migliore esistenza tra le possibilità che ci sono date.
Maria
Giovanna Farina, filosofa