sabato 15 marzo 2025

Attilio Andriolo sale in cattedra con Giuseppe Garibaldi

 


Una minuziosa e attenta ricerca sull’Eroe dei Due Mondi, ha fatto sì che Attilio Andriolo, presidente dell’Associazione Culturale Teseo di Milazzo - autore della silloge “Momenti dell’Anima” - si facesse conoscere come appassionato di storia del Risorgimento Italiano e, soprattutto, di ciò che ha rappresentato Giuseppe Garibaldi. Dalla nascita alla morte, l’autore pone un tracciato storico di Garibaldi che va oltre ciò che abbiamo studiato sui libri di scuola, i quali ci hanno fatto conoscere la figura del condottiero dal grande carisma, con forte ascendente popolare e conquistatore di territori, piuttosto che presentarci un personaggio non in grado di apporre un peso importante dal punto di vista politico, al cospetto di Vittorio Emanuele II, Giuseppe Mazzini e Camillo Benso Conte di Cavour. Passaggi di storia di un Garibaldi che non conoscevamo a fondo e ci pone davanti alla domanda: “Giuseppe Garibaldi è stato più Uomo o Eroe?”. Ecco, diremmo proprio che tutta la grande ricerca storica fatta dall’autore Attilio Andriolo su quello che da tutti viene considerato “Eroe”, ma che poi, addentrandoci nei particolari della storia, ci si accorge che per ciò che ha fatto, ci mette davanti una figura più umana che politica. Ed è per questo motivo che la sua opera letteraria: “Giuseppe Garibaldi: Uomo o Eroe”, cerca in qualche modo di smitizzare l’Eroe, restituendo l’immagine del personaggio dalle tante sfaccettature umane. Anche se, a onor del vero, pur non ridimensionando il condottiero dalla Camicia Rossa, consacrato dalla storia come uno dei Padri della Patria assieme a Vittorio Emanuele II, Giuseppe Mazzini e Camillo Benso Conte di Cavour, offre al lettore il ritratto più vero di un Giuseppe Garibaldi dai tratti meno noti, che mette in mostra tutta la fragilità e le contraddizioni del suo agire. Come dicevamo prima, la profonda e minuziosa ricerca dell’autore si mette in evidenza attraverso aneddoti personali e analisi storiche, dalla sua nascita a Nizza nel 1807, fino al suo ritiro a Caprera. Audacia militare e spirito patriottico si intersecano a un personaggio pragmatico e istintivo lontano dall’idealismo astratto del “parolaio” Giuseppe Mazzini, con il quale Garibaldi ebbe delle tensioni che culminarono nei moti genovesi del 1834 e nella condanna a morte in contumacia. C’è poi il periodo sudamericano che va dal 1836 al 1848, in cui l’autore si sofferma rimarcando un periodo storico in cui Garibaldi mostra il suo essere corsaro al servizio dei repubblicani del Rio Grande del Sud. Ma grande spazio di narrazione viene dato da Attilio Andriolo al romanticismo e a quel primo incontro con Anita – “Tu devi essere mia”- le disse, nonostante lei fosse già sposata. Grandi difficoltà della loro vita insieme si percepiscono chiare tra lutti e abbandoni, mentre l’autore parla di quel 1849 in cui avvenne la morte di Anita con il giallo dello strangolamento nelle valli del Comacchio, di cui la storia non ne chiarisce i particolari, mentre attraverso il racconto di Andriolo si percepiscono tutte le domande su quanto avvenne e non è mai stato risolto definitivamente. Una sorta di punto oscuro che lascia molti dubbi sul perché la storia non sia stata in grado di dare delle giuste motivazioni. E poi la celeberrima Spedizione dei Mille narrata dall’autore con un misto di ammirazione e realismo. Infatti, oltre le battaglie dell’impresa partita da Quarto con appena 1170 uomini al seguito e culminata con la conquista del Regno delle Due Sicilie, Andriolo, da milazzese quale egli è, mette soprattutto in luce la battaglia di Milazzo avvenuta il 20 luglio 1860, con l’episodio del cavallo bianco del generale Bosco che mette in mostra la magnanimità di Giuseppe Garibaldi. Poi il suo isolamento politico dopo la consegna del Sud ai Savoia, un atto che lo amareggiò molto, E ancora l’uomo oltre il mito, il riferimento che l’autore insiste nel mettere in evidenza fino alla fine, in una narrazione in cui pare contare più il senso dell’umano che non quello del coinvolgente combattente biondo, con i capelli lunghi fino al collo, la camicia rossa e il cavallo bianco. E’ il motivo conduttore del testo di Attilio Andriolo, in cui emerge preponderante il desiderio di verità e di quella forma romantica che è insita nel suo essere.

Salvino Cavallaro, giornalista


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