mercoledì 4 ottobre 2023

Voto di condotta sì, voto di condotta no

 


Il voto di condotta ritorna come deterrente ai comportamenti disdicevoli di alcuni studenti, per contrastare il bullismo e la violenza. Con il nuovo provvedimento governativo chi prende 6 in condotta è automaticamente rimandato a settembre e dovrà presentare un elaborato critico in materia di cittadinanza e se frequenta il quinto anno delle superiori dovrà trattare l’elaborato nell’esame di Stato. Solo chi prende 9 e 10 avrà il massimo dei crediti che faranno media con il voto dell’esame di maturità. Sono sempre stata d’accordo con il voto in condotta e ritengo utile accompagnarlo da un giudizio complessivo sul comportamento dello studente, ma è sufficiente dare un voto giustamente punitivo in un contesto sociale come quello attuale? Un po’ di anni fa, quando gli studenti rispettavano gli insegnanti, quando li rispettavano perché adulti, quando solo all’idea di prendere 7 in condotta si mettevano un cerotto simbolico sulle labbra, a quei bei tempi era sufficiente come deterrente ora non più. Certamente la punizione è ancora per molti uno spauracchio, ma da sola non basta. Partiamo dal ’600 quando quello che viene considerato il padre della pedagogia moderna ossia Giovanni Comenio, colui per cui era possibile “Omnes omnia docere” (insegnare tutto a tutti), gettò il seme della speranza: nessuno doveva essere lasciato indietro, tutti avevano il diritto di imparare. Compito dell’insegnante è l’impegno per realizzare questa visione della pedagogia, ma è davvero realizzabile? A volte le grandi idee sono di difficile attuazione soprattutto quando intervengono e sono intervenute delle variabili nocive al buon funzionamento del tutto. Mi riferisco alla deleteria realizzazione dell’insegnamento “democratico”, quello foriero di una visione paritaria della relazione insegnate-allievo per cui si è iniziato a dare del tu alla propria maestra fin dalle prime classi delle elementari e quel chiamarla Francesca, Luisa, Paola (ciò vale anche per i maestri) ha banalizzato la sua immagine; la persona dell’insegante si è con gli anni svalutata fino ad essere criticata dai genitori che non accettano le incapacità dei loro figli… e così siamo giunti al caso estremo dei due ragazzi che alcuni mesi fa in classe hanno sparato con una pistola a pallini di gomma alla loro professoressa e come premio sono stati promossi come gli studenti bene educati. Un’ondata di polemiche ha spinto il Ministro Valditara a richiamare la Preside: sono stati poi promossi con voto di condotta 6 e 7. Sembra un’assurdità se pensiamo ai tempi in cui gli insegnanti erano autorizzati dagli stessi genitori a dare bacchettate e ceffoni ai propri alunni: due estremi inaccettabili. Come ho già detto più volte, per crescere con una solida sicurezza interiore è necessario vedere l’adulto come un punto di riferimento superiore, un tempo la cattedra era posta su un gradino e questo dice molto. Se si tornasse a quel antico approccio forse ci sarebbero più nevrosi da risolvere, nevrosi nate da una educazione rigida e un po’ castrante, ma sicuramente tra i giovani ci sarebbero meno bulli. Ragazzi deboli e molto insicuri che si mostrano leader, ma se intervenisse un adulto forte capace di essere carismatico cambierebbero il loro atteggiamento. Tornare indietro è impossibile, andare avanti invece ricordando certi insegnamenti sarebbe la migliore soluzione, ricordando che l’insegnante è una persona importante da rispettare e il voto di condotta non è un simbolo reazionario. Per riportare alla giusta posizione, quella asimmetrica, le relazioni tra insegnanti e allievi è necessaria prima di tutto una presa di coscienza delle due agenzie educative: scuola e famiglia. 

Maria Giovanna Farina

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