La mia vita è alquanto monotona, casa e circolo ricreativo per gli anziani, lavoro e circolo ricreativo tranne la Domenica che vado a Messa. La Domenica è per me il giorno più bello della settimana perché vado a Messa, ma non tanto per la Messa che in fondo non mi interessa più di tanto, ci vado perché ci sono sempre andato, mia mamma ci andava sempre e così per non mancarle di rispetto, anche adesso che ho settant’anni e lei è morta da più di dieci, continuo ad andarci. Però non è solo per questo motivo che mi piace andare a Messa, il vero motivo è che in chiesa è l’unico posto dove posso sedermi vicino a lei, una bella signora alta e distinta. So dove abita, conosco anche il suo nome, Clelia, avrà circa sessant’anni, so che è vedova e non ha figli, proprio come me, cioè come me non ha figli, ma io non li ho perché non mi sono mai sposato e non perché sono vedovo. Cosa vuoi, quando si arriva alla mia età scapoli è difficile poi mettersi insieme a qualcuno, ma questa volta credo proprio che se quella bella signora mi volesse mi deciderei a fare il grande passo. Quando siamo lì, seduti uno vicino all’altra mi sento proprio bene, aspetto sempre con ansia il momento di scambiarsi un segno di pace per poterle stringere la mano, per sentire la sua mano nella mia e guardarla negli occhi: mi sembra di tornare ragazzino quando a Messa ci andavo per stare vicino alle ragazze. Un giorno o l’altro le chiederò se posso accompagnarla a casa, abita vicino a me, il portone dopo, ma è sempre così seria che ho una paura matta che mi dica di no. Devo trovare una scusa buona, non posso bruciare così la possibilità di conoscerla, mi interessa troppo. L’occasione tanto aspettata potrebbe essere giovedì prossimo, ci sarà la processione per la conclusione del mese mariano, potrei chiederle di andarci insieme, in fondo buongiorno e buonasera ce lo diciamo, che male ci sarebbe ad invitarla alla processione? All’uscita dalla chiesa farò così, le dirò: ”Anche lei andrà alla processione di Giovedì sera?” e se mi risponderà di sì, potrei continuare dicendole: ”Che ne direbbe se ci andassimo insieme?” e se mi dovesse rispondere ancora di sì è fatta, la vado a prendere sotto casa con due lumi accesi, uno per me e uno per lei e insieme potremmo passare tutta la serata fino a quando poi la riaccompagnerei a casa. Finalmente arriva il giovedì tanto atteso, sono pronto da due ore. Tutto pulito, sbarbato e profumato e con il vestito buono, quello delle grandi occasioni, ricordo che l’ultima volta l’indossai per il funerale del mio padrone di casa, che classe, controllo gli ultimi dettagli. Mi mancano solo i ceri e per questo mi reco da Gaspare, il mio droghiere, penso l’ultimo rimasto. Mi mostra diversi tipi di candele e lumini, ma io voglio due ceri, belli, lunghi e grossi, come quelli del prete. Dopo insistenti richieste e ricerche scende in magazzino dove ricorda che forse c’era rimasto qualcosa. Passano alcuni minuti e lo vedo risalire sorridente dallo scantinato del negozio con due bei ceri, come li volevo io, lunghi, belli e grossi, hanno anche un profilo di rose rosse attorno, uno schianto. Gonfio come un tacchino, intanto s’era fatta l’ora della messa, con i due grossi ceri, uno per mano, mi avvio verso la chiesa.
- Buona sera signor Tullio, cosa fa con quei due grossi ceri in mano?
- Oh signora Clelia, che piacere, sto andando alla messa e ho pensato di consumare queste candele
che conservavo in casa da tanto tempo, non ricordavo neppure di averle, le ho trovate per caso
cercando il rosario che acquistai a Lourdes
- Sono un tantino grandi ma sono proprio belle
- Grazie. Se le fa piacere gliene posso dare una e poi andiamo insieme alla processione
- Grazie, ma non vorrei…
- Ma scherza signora Clelia, per me sarebbe un grandissimo piacere
- Se proprio insiste
Finita la messa usciamo entrambi con i nostri bei ceri, tutti ci guardano e ci invidiano, nessuno ha dei ceri tanto belli. Per tutta la processione tra un canto e l’altro ci scambiamo occhiate eloquenti e quando siamo sul finire, tutto in un fiato pronuncio la fatidica frase
- Signora Clelia, permette che l’accompagni a casa?
Schermendosi, neppure tanto, accetta di buon grado. Giunto sotto casa timidamente mi chiede se voglio salire a bere un caffè da lei, fingo di guardare l’orologio
- Sono già le dieci, non vorrei disturbare
- Non si preoccupi, bambini che dormono non ne ho
Salgo colmo di speranze e, beh, non ci crederete, ancora oggi che ho ottant’anni sono ancora insieme alla mia bella signora e ci amiamo più che mai. Dimenticavo, a Messa ci andiamo sempre, ma non tanto spesso come una volta.
Max Bonfanti, filosofo analista @tutti i diritti riservati
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