Amore mio
pensieri, riflessioni e idee da condividere
mercoledì 8 ottobre 2025
AMORE MIO
L'amore oltre la specie
Epicuro sosteneva che la felicità si ottiene attraverso il piacere inteso come assenza di dolore e turbamento e riguardo l'amore affermava che l'unione amorosa va oltre l'unione fisica puntando al piacere condiviso che ne giustifica l'esistenza. L'amore si manifesta amando anche gli altri esseri, Epicuro infatti contestava l'antropocentrismo, il suo pensiero era di conseguenza rivolto verso una maggiore considerazione degli altri esseri viventi.
La redazione
Il giorno del Signore (Amen)
La mia vita è alquanto monotona, casa e circolo ricreativo per gli anziani, lavoro e circolo ricreativo tranne la Domenica che vado a Messa. La Domenica è per me il giorno più bello della settimana perché vado a Messa, ma non tanto per la Messa che in fondo non mi interessa più di tanto, ci vado perché ci sono sempre andato, mia mamma ci andava sempre e così per non mancarle di rispetto, anche adesso che ho settant’anni e lei è morta da più di dieci, continuo ad andarci. Però non è solo per questo motivo che mi piace andare a Messa, il vero motivo è che in chiesa è l’unico posto dove posso sedermi vicino a lei, una bella signora alta e distinta. So dove abita, conosco anche il suo nome, Clelia, avrà circa sessant’anni, so che è vedova e non ha figli, proprio come me, cioè come me non ha figli, ma io non li ho perché non mi sono mai sposato e non perché sono vedovo. Cosa vuoi, quando si arriva alla mia età scapoli è difficile poi mettersi insieme a qualcuno, ma questa volta credo proprio che se quella bella signora mi volesse mi deciderei a fare il grande passo. Quando siamo lì, seduti uno vicino all’altra mi sento proprio bene, aspetto sempre con ansia il momento di scambiarsi un segno di pace per poterle stringere la mano, per sentire la sua mano nella mia e guardarla negli occhi: mi sembra di tornare ragazzino quando a Messa ci andavo per stare vicino alle ragazze. Un giorno o l’altro le chiederò se posso accompagnarla a casa, abita vicino a me, il portone dopo, ma è sempre così seria che ho una paura matta che mi dica di no. Devo trovare una scusa buona, non posso bruciare così la possibilità di conoscerla, mi interessa troppo. L’occasione tanto aspettata potrebbe essere giovedì prossimo, ci sarà la processione per la conclusione del mese mariano, potrei chiederle di andarci insieme, in fondo buongiorno e buonasera ce lo diciamo, che male ci sarebbe ad invitarla alla processione? All’uscita dalla chiesa farò così, le dirò: ”Anche lei andrà alla processione di Giovedì sera?” e se mi risponderà di sì, potrei continuare dicendole: ”Che ne direbbe se ci andassimo insieme?” e se mi dovesse rispondere ancora di sì è fatta, la vado a prendere sotto casa con due lumi accesi, uno per me e uno per lei e insieme potremmo passare tutta la serata fino a quando poi la riaccompagnerei a casa. Finalmente arriva il giovedì tanto atteso, sono pronto da due ore. Tutto pulito, sbarbato e profumato e con il vestito buono, quello delle grandi occasioni, ricordo che l’ultima volta l’indossai per il funerale del mio padrone di casa, che classe, controllo gli ultimi dettagli. Mi mancano solo i ceri e per questo mi reco da Gaspare, il mio droghiere, penso l’ultimo rimasto. Mi mostra diversi tipi di candele e lumini, ma io voglio due ceri, belli, lunghi e grossi, come quelli del prete. Dopo insistenti richieste e ricerche scende in magazzino dove ricorda che forse c’era rimasto qualcosa. Passano alcuni minuti e lo vedo risalire sorridente dallo scantinato del negozio con due bei ceri, come li volevo io, lunghi, belli e grossi, hanno anche un profilo di rose rosse attorno, uno schianto. Gonfio come un tacchino, intanto s’era fatta l’ora della messa, con i due grossi ceri, uno per mano, mi avvio verso la chiesa.
- Buona sera signor Tullio, cosa fa con quei due grossi ceri in mano?
- Oh signora Clelia, che piacere, sto andando alla messa e ho pensato di consumare queste candele
che conservavo in casa da tanto tempo, non ricordavo neppure di averle, le ho trovate per caso
cercando il rosario che acquistai a Lourdes
- Sono un tantino grandi ma sono proprio belle
- Grazie. Se le fa piacere gliene posso dare una e poi andiamo insieme alla processione
- Grazie, ma non vorrei…
- Ma scherza signora Clelia, per me sarebbe un grandissimo piacere
- Se proprio insiste
Finita la messa usciamo entrambi con i nostri bei ceri, tutti ci guardano e ci invidiano, nessuno ha dei ceri tanto belli. Per tutta la processione tra un canto e l’altro ci scambiamo occhiate eloquenti e quando siamo sul finire, tutto in un fiato pronuncio la fatidica frase
- Signora Clelia, permette che l’accompagni a casa?
Schermendosi, neppure tanto, accetta di buon grado. Giunto sotto casa timidamente mi chiede se voglio salire a bere un caffè da lei, fingo di guardare l’orologio
- Sono già le dieci, non vorrei disturbare
- Non si preoccupi, bambini che dormono non ne ho
Salgo colmo di speranze e, beh, non ci crederete, ancora oggi che ho ottant’anni sono ancora insieme alla mia bella signora e ci amiamo più che mai. Dimenticavo, a Messa ci andiamo sempre, ma non tanto spesso come una volta.
Max Bonfanti, filosofo analista @tutti i diritti riservati
Parliamo d’amore
“L’ amore non è la promessa di una felicità facile, ma il tentativo costante di tenere vivo questo sentimento attraverso la cura dell’altro” cit. da Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo polacco
Giuliana Pedroli @tutti i diritti riservati
Ma che cos’è l’amore?
Credo che sia una delle domande più difficili che si possano fare. Nel mio lungo percorso di giornalista mi è capitato più volte di rivolgere questa domanda in sede di intervista, non certo per mettere in difficoltà il mio interlocutore, ma per entrare in empatia con quel mondo di sentimenti delicati che sfociano nel rispetto, nella passione, nell’estrinsecazione dell’anima. Diverse sono state le risposte e i momenti di riflessione su un tema così difficile come quello dell’amore, la cui declinazione offre mille varianti nel riconoscerlo oltre che sentirlo. C’è chi ha risposto con immediatezza: “E’ il motore della vita” o chi con un attimo di incertezza nel trovare le parole giuste, ha detto: “Per me l’amore è qualcosa che chiede dedizione, creatività e ascolto”. Ma quello che più di ogni altra risposta si associa all’amore è l’Eros e la sessualità nel rapporto a due. Diciamo che questo è uno degli aspetti fondamentali del sentimento che prevale tra i rapporti interpersonali e, soprattutto, spinge a pensare a un qualcosa di reale nella forma del donarsi e ricevere. Tuttavia, l’amore è qualcosa di ancora più profondo se pensiamo al rispetto dell’umanità, al sapore prezioso che è il pensiero rivolto alla grande bellezza della natura, a un bimbo che nasce, all’emozione di sapere vivere la vita con gratitudine nelle sue più semplici manifestazioni. Il giorno che nasce, il tramonto, il volo basso dei gabbiani, l’immensità del mare, le alte vette delle montagne, la tenerezza che si fa amore verso il proprio cane, gatto o altro animale domestico, tutte cose che inducono a pensare quanto grande sia l’amore per le cose semplici che ci circondano. E se proviamo a pensare quanto l’amore sia sempre lì a combattere l’odio, allora ci vengono in mente le guerre, i soprusi, l’amore tossico, e tanto altro che confondiamo spesso con la parola “AMORE”, ma che amore non è se lo riteniamo possesso e non rispetto. Già, il rispetto come forma culturale, come significato dell’amore vero che non è aulico pensiero romantico, ma vita del nostro quotidiano. E divagando tra una forma e l’altra di ciò che si intende per amore, mi viene in mente il romanzo sentimentale “Le notti bianche” di Dostoevskij, dove il protagonista è un sognatore, un giovane intellettuale che conduce la sua esistenza ai margini della società umana, preferendo la notte al giorno, come teatro delle sue passeggiate e delle sue riflessioni, scoprendosi, soprattutto, uno spettatore della vita altrui, piuttosto che protagonista della sua. Ecco, io penso che donarsi agli altri sia quella forma, tra le tante, di amore vero. Sì, perché lì è racchiusa tutta la nostra anima verso chi soffre e ha bisogno di noi, di essere ascoltati, aiutati a non sprofondare nell’oscurità dell’oblio. Un cenno finale non si può non fare a Platone che definisce l’eros “come qualcosa che scorre dentro dall’esterno”, mentre in una seconda fase dell’amore egli coinvolge la spiritualità. Profondità di pensiero intellettuale e filosofico, in cui, come dicevamo pocanzi, ognuno esprime la propria idea sull’universalità dell’amore intenso nel senso più ampio del suo significato.
Ma poi cos’è l’amore se non quello di Prevertiana memoria?: “Questo amore/ Così violento/ Così fragile/Così tenero/Così disperato/Questo amore/Bello come il giorno/Cattivo come il tempo/Quando il tempo è cattivo/Questo amore così vero/Questo amore così bello/Così felice/Così gioioso/Così irrisorio/Tremante di paura come un bambino quando è buio/Così sicuro di sé/Come un uomo tranquillo nel cuore della notte.
Anche questo è amore. Anche questo è inno alla vita!
Salvino Cavallaro, Giornalista @tutti i diritti riservati
Amarsi è complicato
Bea si guarda allo specchio.
Ale si guarda allo specchio.
Io mi fisso allo specchio.
Perché il mio viso deve avere quei stupidi puntini rossi?
Sul naso sulla fronte... e perché la mia compagna di banco se li disegna con la matita perché dice che sono di moda e fighi?
Lei però li potrà cancellare quando vorrà, io no.
Perché le mie ginocchia si toccano e poi le gambe si divaricano, le chiamano a 'x' ... come stanno male a me i leggins!
E i miei capelli? Chi è peggiore di me? Sono ricci, crespi, disordinati, indisciplinati come la peggiore della classe.
E la mia voce poi... sembri una bambina, "gne gne" mi chiamano.
Ci guardiamo per provare ad amarci così, come siamo.
Aiutateci ad amarci.
Questo vi grideremo.
Grazie
Bea anni 13
Ale anni 14
Io anni 16
Paola Zagarella, scrittrice
Amore e lacrime
Nel proprio intimo, ognuno desidera amare ed essere amato.
Non considerando il pianto come una reazione alla perdita di persone care, l’amore è una delle cause più frequenti per versare lacrime sia amare che dolci. Amore e lacrime sono un connubio presente in molti romanzi e film, cosiddetti “strappa lacrime”, tanto che una volta la bontà di un film era data dalla quantità di lacrime versate durante la sua visione. Gioia e dispiaceri amorosi sono parte importante e inseparabile del pianto per amore.
Chi non ha mai pianto per le pene d’amore? Credo proprio nessuno. Per amore si piange sia per la gioia di una conquista che per il dispiacere che una separazione inaspettata può arrecare e a volte si piange non tanto per la felice soluzione di una vicenda, ma per la tristezza di non aver amato quando era possibile farlo e per il senso di colpa da esso scaturito. E qui vale la pena di ricordare Freud quando parla di “Pianto di recupero” per indicare quelle lacrime che non sono state versate al momento giusto ma in seguito. Si può essere d’accordo o no su questa sua affermazione che va intesa in questi termini: esso si realizza quando un evento potenzialmente foriero di lacrime, non viene "capito" nel momento giusto, e l'eventuale pianto avviene in tempi successivi. Io sarei più propenso a credere che avviene in un secondo tempo non tanto perché non è stato capito ma perché in quel momento c’è un blocco emotivo tale da non permettere il pianto.
Il pianto ci può anche ricordare il nostro felice passato con la persona amata che ora non c'è più, non perché sia morta ma per il fatto che quando potevamo esprimere i nostri buoni sentimenti e comportarci con amore e bontà non l’abbiamo fatto..
Il traguardo di un amore è il matrimonio con la persona amata.
Ai matrimoni, di solito la sposa può sorridere oppure essere seria, ma difficilmente piange; piangono invece i genitori e i parenti della sposa che, interrogati sul motivo del loro pianto, immancabilmente dicono di essere felici per la ragazza che si è sposata, ma può essere invece che i genitori piangano perché la figlia non sia più in casa con loro e non possano più essere presenti nei momenti difficili per poterla aiutare.
Concludendo questo breve excursus posso dire che pianto e amore continueranno ad esistere come due amici, nemici, inseparabili.
Max Bonfanti, filosofo analista @tutti i diritti riservati
Amore e Psiche
Sono molti i motivi che spingono milioni di persone a visitare tutti gli anni il celebre museo del Louvre di Parigi. E tante sono le opere di artisti italiani che risplendono al suo interno e gli donano una luce immortale. Tra queste, una delle più sublimi e ammirate è la scultura "Amore e Psiche" di Antonio Canova.
Amore e Psiche sono i protagonisti della storia narrata da Apuleio all'interno dell’opera “Le Metamorfosi”, ed è a loro che Canova si è ispirato.
Le due figure mitiche sono scolpite nel marmo eppure appaiono così vivide e calde da suscitare una sorta di pudore in chi le osserva. L'abbraccio avvolgente, i corpi intrecciati e perfetti, la tensione verso un bacio che sta per esserci ma non c'è ancora. Questa, a mio parere, è una delle opere più sensuali mai realizzate. L'ho sempre ammirata con atteggiamento estatico. Mi conquista l'estetica classica e perfettamente armonica, che richiama un'altra armonia, che è fonte di ispirazione e che dovrebbe essere più spesso meta del farsi umano. Meta non solo di ogni storia di vero amore, ma anche di ogni vicenda che coinvolge l'umanità, che è assetata di emozioni, di istinto, ma anche di razionalità. Una razionalità che non è fredda logica calcolatrice. La vera e autentica razionalità dell'anima è quella che nel suo percorso cerca il buono, il giusto, il bello. Il bene. E il bene è sempre frutto di un'integrazione.
Quella di Amore (conosciuto anche come Eros) e Psiche (o anima, in greco) è dunque una meravigliosa storia d'amore, forse la più grande. L'una senza l'altro non può esistere.
La favola di Amore e Psiche - val la pena di ricordarlo - racconta l'amore tra il dio Eros e la mortale Psiche, che supera le prove di Venere per ritornare dal suo amato, diventando poi immortale essa stessa. Sul finale, Amore salva, con un bacio, Psiche da un sonno profondo. Ed è questo momento magico che il Canova immortala: il bacio che sta per scattare, la redenzione, la pace, l'unione dopo la tempesta.
Dal punto di vista psicologico, Amore e Psiche simboleggiano l'unione tra l'istinto e la razionalità, e tracciano il cammino di crescita interiore, di evoluzione, e la lotta per raggiungere un equilibrio tra le diverse parti.
L'amore, inteso in senso universale, senza etichette e senza pregiudizi, è il motore che spinge a trasformarsi, a conoscersi, che rende consapevoli di sé, dell'altro e inaugura la guarigione. La guarigione del mondo.
Eleonora Castellano, docente e psicologa @tutti i diritti riservati - ottobre 2025
Fata Morgana, il nuovo spettacolo di Gianfranco Jannuzzo
Partirà dal Teatro Manzoni di Milano, il nuovo spettacolo di Gianfranco Jannuzzo. E’ Fata Morgana che dal 14 al 26 ottobre 2025 comincerà a percorrere l’Italia teatrale in lungo e in largo, calcando i più importanti palcoscenici. Dopo avere scritto e intervistato tante volte in carriera Gianfranco Jannuzzo, confesso che oggi parlare e descrivere il suo operato professionale mi mette un po' in confusione nel riconoscerlo come il grande attore, quale egli è, o piuttosto come il fotografo autore di due libri ricchi di immagini e di successo come “Gente mia” e “Italia amore mio”. Poi, a mente fredda, penso che sia giusto sintetizzare la sua lunga e luminosa carriera con un semplice: “Gianfranco Jannuzzo, tra Teatro e Fotografia per raccontare lo spettacolo di Fata Morgana e l’Italia che ci sta tanto a cuore”. Così dice Jannuzzo di lui: “A me piaceva tantissimo la fotografia, ma dovetti decidere se fare il fotografo oppure fare l’attore. Poi la scuola di recitazione di Gigi Proietti…….”. Una storia già saputa e sempre piacevole da riascoltare. Ma adesso veniamo a raccontare la fresca novità teatrale di “Fata Morgana”, un’idea nata dallo stesso Gianfranco Jannuzzo e Angelo Callipo, un binomio di garanzia di arte da palcoscenico di gran classe.
Protagonista e regista dello spettacolo è Gianfranco Jannuzzo, il quale è capace di incantare il pubblico con la sua verve e il suo innato talento istrionico, in un viaggio – quello di Fata Morgana – che è accompagnato da quattro musicisti in scena, e cioè, Chiara Buzzurro alla chitarra, Nicola Grizzaffi al piano e alle tastiere, Angelo Palmieri all’oboe e Alessio La China al violoncello. Dunque, una messa in scena curiosa, dove la fiaba di Fata Morgana viene narrata come un viaggio tra miraggio, illusione e speranza, alternando brani comici a riflessioni profonde, offrendo uno spettacolo che va oltre il semplice intrattenimento. E c’è un intreccio di racconti che si intersecano perfettamente tra aneddoti personali e riflessioni sull’umanità. E’ la complessità dell’animo umano, che la regia dello spettacolo intende mettere come focus nell’esplorazione delle maschere che indossiamo e le verità nascoste dietro le finzioni quotidiane.
E in tutto questo c’è un messaggio di pirandelliana memoria. Stessa la sicilianità, stesso il viaggio nel mondo delle apparenze senza essere, stesso l’umano sentire nella complessità di esprimere il percorso della nostra interiorità. Finzioni del quotidiano che ci coinvolgono e toccano le nostre coscienze. E poi c’è anche lo spettacolo che diventa una grande occasione di leggerezza per ridere, rilassarsi, ma anche per riflettere e commuoversi, così come uno svelare la magia del teatro nel senso più ampio del suo significato.
D’altra parte, questo è ciò che negli anni abbiamo ammirato di più di Gianfranco Jannuzzo - attore eclettico - capace di farci ridere e commuovere. E’ la grande scuola di Gigi Proietti, quella che va oltre il tempo.
Salvino Cavallaro, giornalista
Cos'è l'amore?
Lou
Marinoff riporta tre risposte di Freud sull'amore paragonato a tre
tipi di opposti: "amare contrapposto all'essere amato; amore
contrapposto all'odio e amore contrapposto all'indifferenza, che, a
sua volta, è l'opposto sia dell'odio, sia dell'amore"
rifacendosi (inconsapevolmente) al taoismo secondo cui ciascuno è
complementare, è necessario cioè per l'esistenza dell'altro.
Una cosa è chiara: quando sovrabbonda l'affetto da parte di un solo partner, si crea un forte "squilibrio", ed è in questo stato che nasce e cresce poi - per entrambi - un forte malessere e disagio con conseguenze spesso dolorose. La relazione con l'altro (maschio o donna) parte da un presupposto fondamentale per comprenderne poi l'evolversi. E cioè con quale modalità di pensiero mi approccio all'altro: quella dell'essere o dell'avere? La modalità dell'avere mi pone di fronte all'altro come uno che vuole prendere possesso, anche se con dolcezza, in termini di oggetto. E il rapporto evolve secondo questa parabola. Tu sei mia, io ti voglio...... Viene minato in questo modo ogni presupposto per una relazione rispettosa della diversità-alterità dell'altro. Il protagonista è quell'io maschio che vuole e deve possedere. E' chiaro che secondo questa modalità si annulla ogni reciprocità e ogni dialogo. Luce Irigaray a partire proprio da questa pseudo relazione ci insegna che una vera dichiarazione-relazione d'amore va fatta in questi termini: "Io amo a te" che significa: "....Non ti sottometto, né ti consumo. Ti lodo: lodo in te. Ti ringrazio: rendo grazie a te per.... Ti benedico per. Ti parlo, non soltanto di una certa cosa, ma ti parlo a te (...)". Ernesto Bencivenga ci insegna che "Si ama sempre e soltanto un soggetto, uno spazio di libertà e di possibilità, un progetto che s'intuisce e nel quale si crede, magari a dispetto dell'evidenza; nel farlo, si desidera sempre e soltanto il proprio stesso desiderio, l'inesauribile energia che esso esprime, il suo tenerci costantemente sulla corda, in bilico, in vita".Al contrario, se guardiamo l'altro come oggetto cioè "entità dai tratti precisi e definiti, reali" allora non abbiamo mai amato veramente e non amiamo sul serio poiché a noi interessano le qualità dell'oggetto, e queste possono venir meno nel tempo o posso io stesso modificare gli interessi o gusti, la relazione insomma è fondata sul controllo o possesso dell'oggetto. Una riflessione che va fatta insieme, nell'alterità. Si dovrebbe lavorare alla comprensione e al riconoscimento della complementarietà. Questa la sfida!
di Maria De Carlo , couselor filosofico - ottobre 2025
Un pensiero felice
Regalami un pensiero felice
c’è troppa tristezza nel mondo
troppa malinconia negli occhi
degli umani che si sentono smarriti
Regalami un sogno luminoso
che accenda ancora le speranze
nei cuori affranti e asciughi
le lacrime degli oppressi
Regalami un istante d’amore
perché nessuno dimentichi
che esiste un mondo migliore
senza crimini e ingiustizie
Antonella Massa, poetessa - ottobre 2025
La lezione di Platone
Maria Giovanna Farina, Filosofa e scrittrice
L'amore e la dipendenza
Durante l'estate ho viaggiato molto in treno, luogo privilegiato di osservazione, dove le persone sostano per ore e devono ingannare il tempo. Ho osservato e fatto statistiche: pochissimi libri di carta tra le mani, qualche tablet per leggere e-book, tantissimi smartphone e apparecchi di questo tipo impegnavano la quasi totalità dei presenti. Ho visto far scorrere gli schermi con i polpastrelli alla ricerca di ogni informazione, immagine, mail, messaggi....durante tutto il viaggio erano in compagnia di questo oggetto anche se nel sedile di fronte o di fianco c'era qualcuno. Il dialogo non era sempre assente ma intervallato senza interruzione dal contatto epidermico con il media digitale, quasi fosse un prolungamento della mano e allo stesso tempo una coperta di Linus. Questo comportamento mette in mostra l'insicurezza e il bisogno di contatto cercato però nella macchina: forse gli umani sono troppo difficili da comprendere? Accade perché l'oggetto inanimato si crede non possa deludere? Il media non è una parte del nostro corpo ma spinge per diventarlo, noi glielo permettiamo rinunciando a tante abilità comunicative naturali e alla libertà stessa. Chi dipende non è libero. Se riflettiamo, è molto diverso il rapporto con le parti del nostro corpo, esse sono parti di un tutto che ci fa vivere autonomamente nel mondo; se ne perdessimo alcune come le mani, i piedi, gli occhi...potremmo vivere ugualmente. Esse non sono cose da cui dipendiamo ma parti integranti di noi. Il media digitale ci mette in contatto col mondo ma ci allontana dai rapporti umani fatti di dialogo, fatti di parole nate e scambiate con l'altro che ci vive accanto. Il media digitale e ancor più il touch screen, lo schermo tattile, tende a diventare un prolungamento di noi, ci robotizza, ci fa diventare tutt'uno col media. Ma soprattutto ci fa illudere di essere onnipotenti: basta un tocco e il meccanismo inizia a funzionare. Forse, è da questa illusoria onnipotenza che si sta diventando dipendenti: crescendo avevamo giustamente perduto l'onnipotenza infantile rendendoci conto di essere uomini limitati, mortali e finalmente separati dalla mamma. Ora stiamo diventando onnipotenti di un'illusione digitale, sì, perché i bottoni del vero potere non appartengono ai comuni esseri di questo pianeta. In conclusione: la dipendenza dai media ci rende solo più deboli. Mentre si ripete, giustamente, che l'amore può dare dipendenza, non si focalizza a sufficienza de l fatto che stiamo diventando schiavi della tecnologia.
Maria Giovanna Farina, filosofa e consulente - ottobre 2025
AMORE MIO
Amore mio tuoi sono i sogni miei, i miei sussurri nell'aurora, le mie carezze nell'amore donato, i miei perdoni tra il pianto amar...

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Gaetano Attilio Andriolo è medico ma non solo, è un uomo colto che ama promuovere e diffondere la cultura. È infatti presidente dell'a...
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